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Il Giappone si ritira dall’International Whaling Commission

Il Giappone ha deciso di ritirarsi dall’International Whaling Commission (IWC) e riprendere la caccia alla balena nelle sue acque costiere; lo ha confermato un portavoce del governo. La commissione oggi conta 89 membri ed è stata fondata nel 1946 per tutelare i cetacei e regolarne la caccia a livello globale. Nel 1986 ha vietato la caccia a scopi commerciali, anche se Paesi come Norvegia, Islanda, Russia, Corea e balenieri locali di diversi altri Paesi hanno continuato la loro attività, uccidendo complessivamente circa 21.760 balene

Il Giappone resta il mercato principale per la carne di balena, eppure il consumo effettivo è limitato (circa 30 grammi l’anno a persona, ovvero tra le 4.000 e 5.000 tonnellate).
Secondo Astrid Fuchs, manager del programma balene per la no-profit Whale and Dolphin Conservation, quella del Giappone è una mossa soprattutto politica. Un modo per dichiarare che può usare gli oceani a suo piacimento.
Ritirandosi dalla commissione, il Giappone non potrà più approfittare dell’eccezione IWC per la caccia a scopi scientifici nelle acque internazionali, perciò dovrà interromperla.
L’unico beneficio che il Giappone otterrà ritirandosi sarà la possibilità di riprendere la caccia nelle sue acque senza che ci siano controlli. Non è una buona notizia per le balene dell’Antartide – dove il Giappone ha ucciso fino a 300 esemplari nel 2016, dei quali oltre 200 erano femmine gravide – e non lo è nemmeno per i cetacei che vivono nelle acque giapponesi.

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